domenica 24 gennaio 2010
MANUALE DEL GUERRIERO DI POLACCHIA.
Noi non saremo i soliti contingentati senza dio dell’era moderna, né una serie di inetti da Novecento spinto. È pur vero che l’uomo difficilmente riesce a sopravvivere senza abbassare il capo, specie se la guida in questione è il solito fattorino consegna-verità. Il vero guerriero di Polacchia è l’arcinoto inadatto per eccellenza: se è indispensabile assecondare la volontà di chicchessia, dia il guerriero almeno dimostrazione di un certo stile.
- La prossima volta che presenzieremo ad un matrimonio (o a un funerale, o a quattro funerali) lo faremo con un cedro in mano.
- Ci presenteremo al bar citando Leopardi (il buon giacomino dal pessimismo involuto)
“Questo è quel mondo? questi
i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi
onde cotanto ragionammo insieme?"
e ci inseriremo all’improvviso e con la massima competenza in una disquisita e anedottica serie di riflessioni sul calcio, esattamente mentre gli altri ciarlano di politica. Ovviamente ciarleremo di politica con la massima competenza e lucidità mentre altri discutono di convocazioni o medaglie d’oro.
Inadatti. Questo è quanto. Semplice, futurista, efficace.
- Alla castagnata arriveremo con una bottiglia di Franciacorta millesimato ed esigeremo una fiorentina ben cotta.
Senza gaffes, convinti, spiazzati e spiazzanti.
- Noi saremo quel chianti da 25 euro alla cena di pesce e dimostreremo la verità: che il vino bianco è arbitrario e subisce un razzismo circospetto, quindi noi saremo circospetti e arbitrariamente escluderemo il bianco arrivando alla verità.
Noi siamo i figli di Polacchia e la nostra patria è una ciste nervosa. Odiamo i dandy perché il nostro fine ultimo è essere gli schiavi più colti del faraone, non i più elegantemente sfrontati. Abbasseremo anche noi la testa di fronte al dio-sole, proprio perché noi potremmo oscurarlo. Diogene lo disse ad Alessandro Magno. Galileo lo dimostrò al Papa. Noi lo raglieremo agli asini. (Ero un cavallo dalla mente acuta prima che ogni Cecoslovacchia di questo pianeta si separasse pacificamente. Cosa pensano di noi cechi e slovacchi? Nemmeno una guerra: un referendum e puff, senza versare sangue, ecco due patrie. Per noi, nessuna).
Noi ovviamente non avremo mai un manifesto tipo questo, affermeremo di averlo scritto ma ne dimostreremo la non esistenza. Ci dimostreremo sempre inadatti. Fastidiosi. Loquaci. Ma saggi al di là del limite.
L’ultima fase leopardiana, quella del “pessimismo comico”, sembra richiudersi su se stessa, tramutandosi in un pessimismo così vero da non essere realmente tangibile. Leopardi ha compiuto tutto il giro ed è tornato al punto di partenza? Tocca a noi dimostrare che il viaggio gli è piaciuto.
venerdì 15 gennaio 2010
Movimento per la liberazione di Polacchia.
Mi trascinai a stento fuori dalle spelonche lussuriose del carcere duro. Ero ingrassato più di cinquanta chili. L’esperienza mi aveva segnato duramente nel fisico e ancor più debilitata era la mia mente. Noto solo ora una singolare coincidenza tra il mio tentativo di allora di far comprendere le regole basilare della buona poesia, della vera poesia, e quell’anelito alla conoscenza che oggi mi porta nelle classi italiane, sprecando tempo con scimmie spaziali. Meglio gli assassini, per loro una promessa è una promessa e non ci si sottrae all’onore né il disonore passa sotto silenzio. A 52 anni la mia infanzia era dunque improvvisamente finita, lontana, come la Polacchia irraggiungibile, cancellata dai trattati internazionali, derisa e vilipesa.
Il 16 brumaio il cancello del carcere si chiuse alle mie spalle. Mentre mi allontanavo, con tutti i miei buchetti inviolati e frementi, mi accorsi del saluto tributatomi da prigionieri e secondini: dalle finestre volavano palle roventi di polenta e mi rividi bambino, quando per gioco scippavamo le vecchie nelle giornate di neve e per deriderle riempivamo loro il collo delle pellicce con ghiaccio di urina. Ero solo, spaventosamente dotato di vivida intelligenza e solida cultura umanistica, una miscela perfetta per diventare qualcuno, magari un pappone, uno spacciatore o, perché no, un affermato regista di pornografia per le classi colte.
Ero solo e mi incamminavo sussurrando tra me e me brani della Gerusalemme Liberata, scoprendo proprio allora la sua struttura chiastica, intuizione poi scippatami da un noto studioso italiano. Che fare del mio calzino portafortuna, ormai non contava essere superdotato, che farmene delle mie competenze, delle mille e più ricette a base di rognoni e pellame che sapevo cucinare? Dovevo concentrare tutte le mie forze nell’unica garanzia di sopravvivenza possibile: nascondermi, mimetizzarmi e organizzare un movimento culturale allo scopo di disgregare le certezze europee in tema di Polacchia. Arrivato in città ed entrato in un bar ebbi un’intuizione, un’illuminazione vera e propria: il movimento si sarebbe chiamato “movimento clandestino per la liberazione di Polacchia, ad adesione obbligatoriamente libera, basato sugli scritti apocrifi di Giuda, Giuseppe Gioacchino Belli e Cavour”, nome facile da ricordare e dai sicuri riferimenti culturali. Sarebbe stato un gruppo militante di ozio e virtù, dotato di regole proprie che avrei blindato col “patto polenta”, un vero e proprio patto di sangue in cui, inutile dirlo, il sangue si sarebbe mischiato alla polenta, a suggello di un legame eterno tra gli aderenti e la Polacchia. Al ventitreesimo grog inventai anche un alfabeto segreto che ora non ricordo più, ed elaborai una variante del “patto polenta” in cui si faceva un uso improprio delle anguille, che qui è vietato esporre per le rigide norme a salvaguardia dei gatti e degli uccelli.
mercoledì 6 gennaio 2010
Frammento della fuoriscita da Polacchia
Quando arrivai alla prigione di stato avevo con me solo un po' di polenta, nascosta nell'unico calzino che indossavo. No, non lo indossavo ad un piede, come sarebbe logico e giusto.Lo usavo piuttosto come sospensorio, indispensabile per chi è riuscito a scappare in quel periodo dalla Polacchia spacciandosi per attore di porno colti e di un certo livello. Alla prigione di stato fui accolto come una celebrità, visto che avevo sparso la voce di aver partecipato a "Le collegiali dal Preside" e "Sodoma in bidelleria". In realtà quei porno li avevo solo visti ad una proiezione organizzata in Polacchia, ma la mia somiglianza con il protagonista, tal "Futek", un bielorusso dalle doti inaspettate e il viso d'angelo, giocò a mio favore. Cominciarono ad arrivarmi pacchi di polenta e cicche al limone in quantità industriale, la mia cella era stracolma di leccornie di ogni tipo, compresi i tanto celebrati cazzi alla Voronoff. L'unico prezzo da pagare era rispondere a ogni tipo di domanda su qui film. Il porno colto e di un certo livello era all'avanguardia nella Polacchia di quegli anni: consisteva in un misto di soft e hard core inframmezzati da declamazioni di poeti turchi, Ugo Foscolo, possibilmente quello de "I sepolcri" e vere e proprie lezioni di filologia romanza, in cui si cercava, nella maggioranza dei casi, di dimostrare l'inestistenza di qualcuno o l'esistenza fisica di entità astratte. Il porno era buono, soliti giochi di sguardi, qualche compromesso sull'anal; le lezioni invece erano mediocri, cosa che i miei compagni di prigionia capirono subito, non appena cominciai a tenere io lezioni correttive ai peggio assassini di Polacchia, scappati come me da un paese allo sfacelo.
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